"Castrogiovanni" di Falautano - Il Campanile Enna

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"Castrogiovanni" di Falautano

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Castrogiovanni,
scritto da Ettore Liborio Falautano

un prezioso libretto pubblicato nel 1909, facente parte della serie: "Dizionario illustrato dei comuni siciliani". Ettore  Falautano, bibliotecario comunale,  ci da nelle pagine estratte qui di seguito un quadro dell'Enna di 100 anni fa. Una città certamente molto diversa da quella di oggi, ma con problematiche purtroppo ancora attuali, e con risorse ormai perdute sia urbane (volto della città) sia economiche (miniere).
Il libretto proviene dalla collezione dell'avv. Gaetano Cantaro che gentilmente lo ha messo a disposizione dei lettori del Campanile. E' costituito da varie sezioni: la storia di Enna, descrizione dei monumenti e delle chiese, ed una panoramica del quadro economico, culturale e sociale della città ai primi del '900.

Qui di seguito il capitolo  riguardante Agricoltura, industria commercio ed arti, corredata dalle illustrazioni della cartoline d'epoca della collezione di Federico Emma.   

                                                           
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AGRICOLTURA, INDUSTRIA, COMMERCIO ED ARTI.


Industria agraria : È la più importante delle industrie, con la quale vivono oltre i due terzi della popolazione. Essa ha progredito poco, malgrado Castrogiovanni abbia un territorio in gran parte fertile. Le cause di questo lento progredire , comuni a quasi tutta 1'industria agraria di Sicilia, sono: la mancanza di capitali, le scarse conoscenze tecniche, l'assenteismo dei proprietari, specialmente dei latifondisti, la deficienza di corsi d' acqua, onde si hanno mancanza di avvicendamenti razionali nella cultura dei latifondi, drenaggi primitivi, irrigazione scarsissima, mancanza di macchine, deficienza di strade campestri , di case coloniche, di acque potabili, scarso uso di concimi chimici, tranne dei perfosfati, di cui si fa un discreto consumo. Molto danno risente l'industria, anche dalla poca sicurezza elle si ha nelle campagne funestate, specie, in questi anni, da latitanti ed abigeatari. A tanti mali si è aggiunta l'emigrazione: la diminuzione della mano d'opera ha contribuito a portare un sensibile aumento nei salari dei contadini. « L'elevazione dei salari, scrive Colajanni, se è più bene per la classe lavoratrice, ha conseguenze non piacevoli per i proprietari. Se il danno fosse soltanto individuale, chi studia i fenomeni dal punto di vista sociale e degli interessi collettivi, non potrebbe preoccuparsene. Ma le proporzioni prese dall' emigrazione fanno sì, che, in date zone si cominciano ad abbandonare certe culture, per deficienza di braccia, anche pagando bene il lavoro, e questo è danno sociale. La stessa elevazione di salari, condurrà ad una svalutazione della terra ed alla diminuzione dei redditi che eserciterà la sua influenza sulla economia pubblica ».

Sistemi di coltivazione : Nelle località vicine si fa una rotazione biennale, cioè: un anno leguminose, per lo più fave, concimate e sar­chiate, l'altro anno frumento. Nelle località più lontane è in uso la terzeria, cioè: un anno il terreno resta a pascolo, un anno a maggese nudo , il terzo anno si semina a frumento e qualche volta si fa il ristoppio. Nelle terre vicine è in uso la mezzadria, le terre lontane si danno generalmente in affitto.

Prodotti: Il territorio , oltre i cereali ed i legumi, che sono i prodotti principali, produce pure erbaggi, olio , mandorle. La produzione delle frutta, essendo pochi gli alberi, è scarsa; così pure la produzione del vino che era ab­bondante prima che la filossera distruggesse i vigneti; ma questi, da alcuni anni, si sono in­cominciati a ricostituire.

Caccia: Al Pergusa e al Lagastello, in autunno e d'inverno è divertente, e nello stesso tempo lucrosa, per chi ne fa mestiere, la caccia alle anitre, germani reali, folaghe, aironi ed altri uccelli acquatici migratori.

Pesca: Al lago Pergusa, si pescano piccoli pesci chiamati volgarmente mazzamurru, e qualche anguilla. Nel 1886-87, por ripopolare il lago di pesci, vi si gettò una gran quantità di avannotti, i quali perirono quasi tutti.

Il Pergusa abbondava di anguille , tinche, cefali ed aterini, ma un 40 anni addietro una grande moria li distrusse. Alcuni ne attribuiscono la causa all' esalazione dal basso di qualche gas micidiale; il farmacista Luigi Vetri, intelligente ed appassionato cultore di scienze fisiche e naturali, in una pregevole monografia, che lasciò inedita , suppone che questa mortalità sia stata causata da qualche epidemia, dovuta allo sviluppo di speciali bacteri. Il Vetri però, non osservò che i pesci erano affetti da tenia, e che questa grande mortalità, probabilmente, fu causata dallo sviluppo di questo parassita animale. Di queste epidemie di elminti, nei pesci dei laghi , dei fiumi, e qualche volta anche del mare, gli acquicultori portano tanti esempi.

Un' altra distruzione dei pesci del lago, si ebbe circa un secolo addietro , ai tempi del can. Alessi, il quale ne fa cenno nella monografia sul territorio di Castrogiovanni. Egli crede , che sia stata causata da un' epidemia, ma non dà notizia della malattia che la produsse.


Pastorizia: L' allevamento dei bovini è assai decaduto, e ciò si deve , in massima, alla diminuzione delle torre da pascolo, e alla piaga dell'abigeato. L' allevamento dei pecorini è di­screto, quantunque anch'esso risenta gli effetti del dissodamento delle terre incolte, e i danni degli abigeati. Alla mancanza delle terre da pascolo si supplisce con le erbe delle terzerie. L'allevamento dei caprini è alquanto sviluppato, ed è esercitato, specialmente, dai caprai latti­vendoli , i quali danno luogo a continue liti, per i pascoli abusivi e i danneggiamenti di ogni specie, che commettono di continuo nelle campagne.

Caseificio : Non ha fatto nessun progresso; si esercitano ancora gli antichi metodi irrazionali di fabbricazione.

Zootecnia: Oltre i bovini, ovini e caprini, si allevano anche suini, cavalli, pollame ecc.

Industrie: Dopo l'agricoltura, l'industria più importante è quella zolfifera. Vi sono fabbriche di paste alimentari, tre mulini a gas povero e molti idraulici , fabbriche di dolci, di acque gassose, di calce idraulica, di gesso, di sapone, di cordami, di crivelli, di laterizi, di cemento, fabbriche di stoviglie, concerie, fabbriche di mo­bili, tappezzerie, fabbriche di berretti, d'armi, d'organi ecc.


Alberghi: 1. «Hotel Belvedere». Bello edifizio sorto nel 1902. E posto presso la piazza Bel­vedere , in un punto centrale ed amenissimo. E un albergo ben fornito, con trattoria, sala da conversazione, bagni ecc. Questo albergo è frequentatissimo, specialmente dagli stranieri, che in gran numero vengono a visitare la città.

2. « Albergo la Stella » , posto vicino la piazza Vittorio Emmanuele , ed altri alberghi di secondo ed infimo ordine.

Importazione ed esportazione: S'importa; pa­sta, semola, farina, frutta, legumi primaticci, ortaggi, pesci, conserve, dolci , liquori. S' im­porta pure, legname per costruzione, per mobili, ferro, rame, petrolio, carbone vegetale e fossile, concimi chimici ecc.

Si esporta : frumento, fave, mandorle, fieno, sommacco, mobili, zolfo ecc.

Viabilità.. Oltre la linea ferroviaria Pa­lermo-Catania-Messina, sulla quale si trova la stazione di Castrogiovanni, vi sono le seguenti strade provinciali : la strada che da Castrogiovanni passa per il lago Pergusa e al bivio Ramata congiungesi con la nazionale, che parte da Caltanissetta e va a Piazza Armerina: la strada che da Castrogiovanni va alla stazione omonima; quella che da Castrogiovanni va a Villarosa ; la strada in contrada Rossi, che parte dalla nazionale Caltanissetta-­Leonforte e va a congiungersi con la provinciale Valguarnera-Leonforte. Vi sono, inoltre, molte strade mulattiere.

Banche : a) Cassa rurale S. Gaetano con 332 soci ed un bilancio di L. 154370,52. Riceve depositi al 5% e fa prestiti al 7%, b) Cassa agraria di risparmio: « La Madre terra » . Si è costituita da recente, riceve depositi al 5%° e fa prestiti al 8%. e) Un'agenzia del Banco di Sicilia.


 Fiere e mercati: Il 17 o 18 maggio, nel piano del monte, ha luogo il più importante mercato di bestiame in Sicilia. Il 13 e 14 settembre, nello stesso piano, in occasione della festa del SS. Crocifisso, vi ha un'altra fiera di bestiame pure importante.

Mercati: Mercato di S. Antonio. È  una spa­ziosa via ben lastricata, con larghe banchine ai lati, ove sono dei fabbricati, con belle e pulite botteghe. Si esercita anche il mercato dei commestibili , nella via Pergusa , nella piazza S. Cataldo, nella via del Salvatore e in molte botteghe sparse in vari punti della città.

Arti e mestieri: Vi è un gran numero di operai in ogni genere di mestieri, e in certe classi operaie, l'offerta di lavoro supera la richiesta, specialmente d'inverno, per cui al­quanti operai hanno emigrato. Oltre i mestieri e le arti più comuni, vi sono anche meccanici, organari, accordatori di pianoforti, di strumenti di banda, armieri, fotografi, pittori, de­coratori, scultori, ecc. L'operaio castrogiovannese è intelligente e laborioso.


USI E COSTUMI.

I costumi e gli usi degli antichi ennesi erano improntati ai dettami della religione di Cerere, dei quali principale intento fu sempre il pro­gresso morale e materiale degli uomini. Cicerone trovò gli ennesi tanto dignitosi e tanto gravi nel loro contegno elle gli sembrarono tutti sacerdoti di Cerere : non cives sed, omnes sacerdotes. Questo grande oratore li descrive d'indole buona, generosa e ricorda un'antica loro usanza per la quale non facevano testimonianza contro chi avesse restituito il mal tolto (1).

Nei tempi posteriori i vari dominatori, prin­cipalmente i musulmani, i normanni e gli spa­gnuoli lasciarono qualche loro tratto sui costumi ed il carattere degli abitanti.

Caratteri fisici degli abitanti: Colorito piuttosto bianco, occhi e capelli castagni, statura media.

Caratteri psichici: Gli abitanti sono intel­ligenti e operosi. L'istruzione elementare non è trascurata, eccetto negli agricoltori e nei lavoratori poveri delle miniere di zolfo. I figli di operai frequentano numerosi la scuola tecnica. In molti si nota una tendenza alle belle arti, specialmente pittura, scultura e musica, . nelle quali vari cittadini si sono resi illustri. I castrogiovannesi sono buoni, cortesi, ospitali, ma intolleranti delle ingiuste sopraffazioni: nelle lotte elettorali politiche, combattute dal 1882 in qua, sul nome dell'illustre concittadino prof. Napoleone Colajanni, ha fatto sempre bella mostra di se. la civiltà e la fiera indipendenza dei cittadini, tanto che si son visti elettori nella più squallida miseria respingere sdegnosi il prezzo dalla corruzione.

Tradizioni e leggende popolari: In gran numero sono le tradizioni e le leggende che riguardano fatti storici della città. Ve n'ha molte altre formate di racconti e narrazioni fantastiche. L'avvocato Paolo Vetri ne raccolse e ne pubblicò qualcuna.

Canti popolari: Sono caratteristici i canti d'amore, i quali vengon chiamati : canzuni d'amuri o canzoni di sdegnu, secondo che lo amore o il cruccio muova l'innamorato a cantare (2). Nelle canzoni tradizionali di Castrogiovanni, conio in quelle di quasi tutte lo città antiche di Sicilia, si osservano le risonanze speciali della storia del paese, cioè immagini mitologiche dei greci, riflessi bizantini, echi arabi, sentimenti romantici della cavalleria normanna, ed anche i fiori della poesia spagnuola.

Le canzoni ordinariamente risultano di otto endecasillabi con una rima variabile, o baciata o alternata; tal'altra, il primo verso si accorda col quarto. Ve n'ha anche di metro diverso ed in tutte si osservano quelle assonanze co­muni, in genere, alla poesia popolare. Nelle placide notti stellate, specie nei giorni di festa, spesso si sentivano cantare le canzoni ac­compagnate dal suono dello scacciapensieri: '’Ngangalarruni. Oggi, però, si sentono di rado. Ordinariamente è l'innamorato che canta presso la casa della sua amata, sfogando i suoi sentimenti di amore o di corruccio. La graziosa musica che accompagna le canzoni è aritmica e senza misura ed ha un'espressione dolcemente malinconica. Essa probabilmente deriva dalla musica patetica dogli arabi.

Un canto popolare per esprimere il dolore del­l'innamorato che non ritrova la sua cara, dice:

Quannu  passu di cca e nun c'è idda Oscura mi pari la vanedda,.

Un altro canto fa dire all'innamorato :

Passa e spassa di 'sta strata Passu spissu e m'allammiccu, ‘Ntra me stissu scempri dicu: Lu miu amuri  nun ci sta!

Quest'altro, tutto candore e tutta gentilezza esprime i pregi della donna amata ed il grande sentimento ed il grande affetto dell'innamorato. Si può quasi rassomigliare al Tanto gentile e tanto onesta pare dei divino Alighieri:

Quannu veni la notti e a lettu iti

La luna fa la guardia, e vui durmiti,

Quannu sona la missa e vui ci iti

La genti fannu largu e voi trasiti:

E quannu la manu a lu fonti stinniti

Di rosi e sciuri vi la carrícati:

Quannu speddi la missa o vui nisciti

La genti senza cori li lassati.

In quest'altro canto, canzona di sdegno, lo innamorato con rude efficacia esprime l'affievolirsi dell'amore, che si va cambiando in corruccio e dispetto, perchè la fanciulla amata si mostra non più meritevole d'affetto, per il vagheggiare di diversi amanti :

A prima ti vidia sira e matina

ora manco 'na. vota la simana.

Ora c'addivintasti brivatura

Ch'ogni viddanu si ci strica o lava       

 

Scienza popolare: Il popolo ha la sua me­teorologia e la sua medicina. Le previsioni meteorologiche le basa, specialmente, sul mo­vimento delle nubi, sulla loro specie e la loro altezza, sulle fasi della luna e sopra molte os­servazioni fatte sugli animali, insetti, vermi, ecc.

La medicina popolare è formata da pratiche mediche tradizionali, commiste a idee super­stiziose, ma generalmente, il popolo, in caso dì malattia, ricorre subito all'opera del medico.

Credenze e superstizioni: Gli abitanti seguono il culto cattolico, ma con una certa rilassatezza e indifferenza nelle pratiche della fede.

La gente del volgo ha i soliti pregiudizi, crede alla jettatura, al mal'occhio, al venefizio nelle malattie epidemiche, al pregiudizio che non si debba viaggiare di venerdì, nè andare a nozze nei mesi di maggio e di novembre, ritenuti mesi di sventura, ecc.

Spettacoli: I cittadini inclinano per gli spetta tacoli teatrali , ma prediligono il teatro in musica. Il popolo accorre numeroso a tutti gli spettacoli pubblici; gli zolfatai vanno di preferenza nei teatrini delle marionette.

Alimenti: Gli abitanti non lesinano sulla spesa della cucina. L'operaio, varie volte la settimana mangia la carne, il pesce ed anche commestibili che si dicono di lusso, specialmente in circostanza di feste. Lo zolfataio è poco temperante e frequenta di continuo le bettole; l'agricoltore invece, è sobrio e parco: egli, ordinariamente, mangia pasta e pane di buon frumento, confezionati in casa, legumi, verdura; mangia di rado carne ed è moderato nel bere. Il pane, di solito si confeziona in casa e si usa la farina di farro, realforte, sammartinara, grano marzuolo.

Le ore dei pasti sono: colazione la mattina, pranzo dalle 12 alle 2, cena la sera. Nei pasti, per solito, si beve solamente vino, ma nelle principali feste si usano anche liquori. Un discreto consumo di liquori si fa nei caffè e nelle trattorie.

Abitazioni: Le case sono costruite con pietra locale e malta di calce. In qualche fabbrica si usa la pietra di Siracusa o quella di Calascibetta. Si notano belle case e vari palazzi importanti. Gli operai e i contadini agiati hanno comodo abitazioni; i più poveri abitano nelle strade secondarie e generalmente in casette a pianterreno, che spesso sono tugurii formati da un solo ambiente, qualche volta da una grotta, ove hanno ricetto intere famiglie, con quanto danno dell'igiene e della morale non è a dire.

Fogge di vestire: Nel modo di vestire degli abitanti non si nota nessuna particolarità. Le antiche fogge di vestire sono scomparse; solo è ancora in uso, specie nei contadini e ne' zolfatai, u scapulari, sorta di mantello con cappuccio rotondo, fatto di un panno bleu detto bordiglione; molti contadini lo portano di albagio nero. Si vede pure qualche contadina che porta ancora a mantillina: vestimento a guisa di mantelluccio, che copre la testa ed il busto.

Si fa molto lusso dalle mogli dei zolfatai e di certi artigiani, specialmente in circostanze di nozze e di feste religiose di qualche solennità.


RELIGIONE

Antichi culti: Cenere e Proserpina. In Enna, come si è detto, la dea dell'agricoltura. Cerere, ebbe un tempio famosissimo ed un culto particolare, che da questa città paltò in Grecia, in Egitto, nel Lazio ed altrove.

Sull'epoca in cui ebbe origine questo culto, non si hanno testimonianze accertate e con

tordi. Il mito fa risalire Cerere all'epoca di Saturno. Secondo Diodoro, ed è l'opinione più accettata, tenendo l'isola i sicani, reputati i pri­mitivi agricoltori, Cerere e Proserpina appar­vero fra essi.

Il tempio di Cerere, sorgeva sopra un'alta rupe, quasi la dea, dico Amari, vegliasse sopra l'isola sua. In esso, apprendiamo da Cicerone, vi era ua simulacro marmoreo di Cerere, grande e famoso, ma non molto antico; ve n'era un altro antichissimo di bronzo di mezzana grandezza con le fiaccole. Avanti al tempio, in un luogo aperto ed ampio, erano due statue, una di Cerere e l'altra di Trittolemo, bellissime e molto grandi. Cerere nella destra avea un bel simulacro della vittoria.

Il culto di Cerere ennese, — scrive Cicerone —è privato e pubblico ed ammirevole in tutta la Sicilia, nè solamente i siciliani ma ancora le altre genti e nazioni, vi prestano venerazione grandissima. I romani, continua Tullio, quantunque avessero nella loro città un tempio bellissimo e magnifico della dea, pure mandarono in Enna i decemviri a placarla e

andando colà, sembrava che andassero non al tempio di Cerere, ma dalla dea in persona, tanta era l'autorità e l'antichità di quella religione.

Ogni anno, al tempo della semina, vi erano le solenni adunanze o le feste di Cerere, che duravano dieci giorni, in uno dei quali, la statua portavasi in solenne processione. Per intervenire alle feste, ognuno doveva parecchi giorni prima purificarsi, bagnandosi tutto il corpo, e a tal'uopo vi erano le terme.

Nei misteri pubblici di questa religione i sacerdoti di Cerere dettavano le leggi e i pre­cetti ispirati sempre al miglioramento dello uomo e del consorzio sociale. Queste cerimonie furono il mezzo artificiale più atto a mettere la civiltà, i costumi, le arti, in diretta ed esclusiva dipendenza dalla religione.

Cerere viene chiamata la fondatrice d'ogni civiltà. Essa diede le prime norme per coltivare i campi, assegnò luogo stabile all'uomo selvaggio ed errante, gl'ingentilì i costumi, gli diede proprietà, leggi, patria, donde venne il nome di Tesmofora, vale a dire datrice (li leggi; fu chiamala anche Demetra, nome che alcuni derivano da :?A, (dorico terra), e MHTHP (madre), cd altri dalla sincope di ,(madre o altrice dei popoli).

Cerere prima coll'adunco aratro

Smosse la gleba e trasse dalla terra

Spighe e miti alimenti, all'uomo la prima Legge dettò, di lei si è il tutto un dono.

(0vidio, Metm.V,)

Proserpina, figlia di Cerere, ebbe in Enna il suo culto. Le feste per quest'altra dea si celebravano nel tempo delle messi. Il mito del ratto di Proserpina ideò il luogo ove questa dea fu rapita da Plutone. Diodoro, Cicerone, Livio ed altri dicono elle il ratto avvenisse in Enna ; Claudiano ed altri, come si detto, lo descrivono sulle rivo dei vicino lago Pergusa.

Enna accolse anche il culto di qualche divinità greca, difatti innanzi il tempio di Cerere vi era la statua di Trittolemo; nel castello erano i templi di Diana e di Giunone, nel punto chiamato Portosalvo cita quello della Vittoria; a Montesalvo la tradizione ricorda che esisteva un tempio di Bacco; ebbe anche il culto a Venere e ad Apollo, come attestano tre monete ennesi, una con la testa di quella dea, e due con la testa di questo nume. Ma eran culti secondarii, culto dominante rimaneva sempre quello di Cerere.

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CASTROGIOVANNI
DI ETTORE FALAUTANO



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