La Cuba di Catenanuova - Il Campanile Enna

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La Cuba di Catenanuova

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Il Fondaco della Cuba
di Giuseppe Mistretta
Post inserito il 31 gennaio 2023
FONDACO CUBA
dai Principi all' abbandono
 
'U Funnacu Cubacosì denominato nell'idioma ennese,
è un Bene di Interesse Storico Culturale, dichiarato dalla Sovrintendenza dei Beni Culturali et Ambientali di Enna, nell'anno 1985.
Il fabbricato oggi ridotto in  rottami è facilmente visibile guardando sulla destra, percorrendo il tratto autostradale  da Catania in direzione Palermo, giunti nelle prossimità del Comune di Catenanuova; tratto di strada un tempo considerato  -principale- e ampiamente documentato, giacchè in passato in forma di -Regia Trazzera-, era punto di congiunzione tra le città del centro e le grandi civitas di Catania, Messina o Palermo e Trapani, tutte  provviste di attivissimi porti non solo mercantili.
Sono pochi i siciliani ed i turisti che non conoscono o non hanno mai visto lo scempio in atto ormai da decenni, ci riferiamo all'abbandono  della graziosa Locanda, un tempo presente in questo luogo definito Cuba.
Era questa un' antica stazione di raccolta della Posta, nonché luogo adibito al ristoro, soggiorno e sostituzione di cavalli  per le diligenze dei signori, i corrieri, mercanti, viaggiatori...
Gli appelli alle Istituzioni per scongiurare il crollo delle strutture, nonostante il fermo agghiacciante, sono davvero tanti ma sembrerebbe tutto fiato sprecato, nella lingua popolare isolana i saggi avrebbero forse esclamato: ucchiu ca nun vidi è cori ca nun doli.
A parte la burocrazia che soffoca sul nascere gli entusiasmi, eccezion fatta per tutte le gravi  incapacità progettuali nel breve e lungo termine,  accade che i siciliani visceralmente legati al loro territorio, (ci riferiamo in specie a quanti vivono nei comuni vicini alla Cuba,  vedi ad esempio i cittadini di Enna, di Centuripe, Catenanuova, Leonforte, Assoro, Agira e tutti gli altri), non riescano affatto a tener chiusi gli occhi, così è come se la storia si rivoltasse nella tomba e desse a queste genti, non appena di passaggio dalla Cuba, dei gran pungiglioni allo stomaco.
'U funnacu d Cuba, malgrado l'abbandono ed i crolli, rimane una sorta di miraggio nel deserto autostradale siciliano, una pietra miliare gigante perché nessuno possa dire
"...ci eravamo dimenticati".
In Sicilia con sola grande propaganda politica, anno dopo anno si prova a salvar qualcosina mentre davvero tanto va definitivamente in malora.
La storia delle terre della Cuba procedendo a passo di gambero, annovera come ultimo propietario tal don Prospero Mammano, la datazione risale all'anno in cui avvenne la drammatica esondazione del lago di Ortiglieto, (13 agosto 1935), secondo i documenti riferiti al Fondaco,
in questo stesso anno il sig.Mammano provvedeva a proprie spese a quello che possiamo considerare  l'ultimo restauro conservativo.
A proposito della proprietà privata dell' ex Storica Locanda  la questione non è affatto  semplice.
Il fabbricato è vicinissimo al Comune di Catenanuova ma ricade su territorio Centuripino.
Secondo alcuni documenti l'Antica Stazione di Sosta Cuba, sebbene con ben altre conformazioni e dimensioni, sarebbe stata già esistente nel periodo Arabo, Normanno e Bizantino.
Tra il XVI ed XVII sec, il Fondaco- Masseria ricadeva nella circoscrizione di un grande feudo.
Era questo un territorio speciale vocato all'agricoltura cerealicola,  denominato Feudo di Maliverni, di proprietà della famiglia dei Principi Riggio-Saladino-Statella-Paternò, proprietari di diversi castelli come quello di Aci Catena ove risiedevano, nonché di feudi per una superficie smisurata che comprendeva gran parte del territorio nord-orientale della Sicilia.
La famiglia dei principi Riggio-Statella nel tempo si è estinta, morti tutti gli uomini e le donne discendenti, esattamente come il loro titolo nobiliare disconosciuto dal noto provvedimento repubblicano datato 1948.
Della famiglia che può vantare avi importantissimi documentati sin dalla fine del 1300, rimangono nonostante tutto le gesta, vedi le gloriose battaglie intraprese contro i pirati Turchi e Mori, rimangono chiese ed edifici vedi Aci Catena ed Ispica, testimoni della loro potenza sono persino comuni, vedi Novae Catenae/ Catenanuova, fondata giustappunto dal Principe Andrea Giuseppe Riggio Statella intorno al 1731, su licenza del viceré il Conte di Palma.
Fu il principe Andrea in persona, assecondando con grazia le ultime volontà espresse dalla madre poco prima di morire trentenne, già mecenate ed amatissima Signora del Feudo di Maliverni, a creare le condizioni perché genti residenti in Centuripe, si trasferissero nella nuova città da lui fondata. Nel 1733 l'insediamento di Novae Catenae contava 500 abitanti, trascorsi 283 anni ad oggi, ne conta circa 5000.
Vittorio Amedeo II di Savoia, (Torino, 14 maggio 1666 – Moncalieri, 31 ottobre 1732), è stato re di Sicilia dal 1713 al 1720.
Lu Funnacu Cuba per la sua ubicazione e per il suo uso/servizio, è testimone di un tratto di storia isolana abbastanza ampio, non solo semplici mercanti viaggiatori hanno pernottato ed usufruito del ristoro ma anche personaggi di rilievo come regnanti, alti prelati, poeti ed artisti di fama.
Giusto per rammentare i più noti, nell'anno 1713, a circa vent'anni dall'ultimo restauro avvenuto nell'immediato post terremoto avvenuto nel 1693, per volontà del proprietario don Ignazio Paternò, Principe di Biscari,  il re di Sicilia Vittorio Amedeo di Savoia, in compagnia della regina Anna Maria e della corte vi soggiornarono.
Qualche decennio più tardi, poco prima della presa della Bastiglia a Parigi,  tra il 1786 ed il 1788,  nei tempi in cui in Gran Tour de Sicilie era di moda in tutta Europa, W. Goethe ebbe a fermarsi nel luogo Cuba e della vicenda riporterà lusinghieri giudizi nelle pagine del suo libro -Viaggio in Italia-.
Accennato ciò, In una visione culturale inclusiva dai grandi orizzonti, a nostro avviso inserire questo sito ricadente  nella -terra di mezzo- tra Oriente ed Occidente riportandolo in vita attiva, ossia come un tempo in grado di offrire ristoro e alloggio a viaggiatori e comitive turistiche, sarebbe forse il modo più semplice perché l'antica stazione superi la Tragedia in cui miseramente da troppi decenni versa.
Un restauro ben progettato  rigorosamente in bio-edilizia, potrebbe riportare il fabbricato ai fasti del passato, restituire alla Locanda Cuba l'antico aspetto rendendola al tempo stesso attuale, tramite l'ausilio di tutte le nuove tecnologie  sarebbe oltretutto un opera di recupero esemplare.
Un maneggio, degli orti volti al recupero di antichi cibi, campi sperimentali per vegetali da granella e bio-massa -dati in uso- alle Università di Caltagirone e Catania unirebbero doveri passati ed esigenze moderne, in primis, creerebbero nuova occupazione di qualità a breve raggio, in secundis, doterebbero il fabbricato di quei mezzi e nobili pretesti per far cassa e mantenersi alla vecchia maniera: ospitando viaggiatori, comitive, scolaresche, studiosi ed artisti.
L'offerta eno-gastronomica a km zero che la locanda Cuba potrebbe offrire, forte delle eccellenze prodotte nei comuni limitrofi, non avrebbe eguali. L'elenco è già scritto da anni.
Una -oasi verde nel deserto isolano-, questo diverrebbe Lu Funnacu Cuba, se solo si trovassero quel minimo di risorse necessarie al restauro, soldi pubblici che spesi in un lungimirante progetto,  in breve tempo tornerebbero indietro con gli interessi.
Non ci resta che sperare e non demordere, per il bene delle tradizioni, della storia e del futuro dei nostri territori.
Giuseppe Mistretta
Johann Wolfgang von Goethe (Francoforte sul Meno, 28 agosto 1749 – Weimar, 22 marzo 1832) è stato uno scrittore, poeta, drammaturgo, saggista, pittore, teologo, filosofo, umanista, scienziato, critico d'arte e critico musicale tedesco.
L'arrivo ad Enna e la sosta alla Cuba raccontati da W.Goethe, nel suo libro Viaggio in Sicilia
Castrogiovanni, domenica 29 aprile 1787.
Oltrepassato quello vedemmo comparire il monte isolato, in cima al quale sorge Castrogiovanni, e che dà a tutta la contrada un carattere severo e strano. Nel salire la lunga strada, la quale si svolge attorno al monte, potemmo osservare essere formato questo di roccie calcari, a grossi strati, in parte calcinate. Non si scorge Castrogiovanni se non quando si è pervenuti in cima al monte, imperocchè l’abitato si trova addossato alla pendice la quale guarda verso settentrione. L’aspetto di questa piccola città, della sua torre, è serio, ed a poca distanza a sinistra si vede sorgere il villaggio di Caltascibetta di aspetto parimenti cupo e malinconico. Nella pianura si scorgevano i campi delle fave in piena fioritura, ma chi mai avrebbe potuto godere quello spettacolo! Le strade erano pessime, e tanto più disastrose, in quantochè una volta erano state selciate, e continuava a piovere a dirotto. L’antica Enna ci fece triste accoglienza, la nostra stanza non aveva pavimento; mancavano le impannate alle finestre, cosichè ci era forza o vivere nelle tenebre, ovvero rimanere esposti agli spruzzi della pioggia. Consumammo quel poco che ci rimaneva delle nostre provviste, e passammo una cattiva notte davvero, facendo sacramento di non prendere più mai, a meta del nostro viaggio, un nome mitologico.

Lunedì, 30 aprile 1787.
La strada che scende da Castrogiovanni è rapida, disastrosa, ci fu d’uopo portare per quella i nostri cavalli a mano. Il cielo era coperto di nubi, e potemmo osservare un curioso fenomeno in cima alle maggiori alture, dove il cielo listato di bianco, e di grigio, aveva aspetto quasi di materia solida, se non chè, come mai si potrebbe applicare quest’appellativo al cielo? La nostra guida ci disse che in quella direzione sorgeva l’Etna, la quale diventava visibile quando si squarciavano alcun poco le nubi, e che le striscie bianche e nere che vedevamo erano formate dalle nevi e dalle pendici del monte, di cui non si scorgeva però la maggior vetta.
Lasciammo a tergo in cima al suo monte isolato l’antica Enna, avviandoci per una valle lunga, lunga, solitaria, incolta, disabitata, abbandonata al pascolo di armenti, i quali cominciavano ad essere neri di pelo, di bassa statura, con corna piccoline, di forme snelle poi, e di aspetto vivace, quasi altrettante capre. Quelle buone bestie trovavano erba bastante a pascolare, se non che era loro contrastata questa in molti punti dalla presenza dei cardi selvatici. Queste piante hanno quivi tutta la facilità ad estendersi, a moltiplicarsi, ed occupano spazi, i quali basterebbero a formare le praterie di cospicui latifondi; sarebbe però facile il farle scomparire, estirpandole quali si trovano al presente, prima del loro fiorire. Però mentre stavamo meditando questa guerra a morte ai cardi selvatici, dovetti osservare con nostra sorpresa, che questi non sono poi totalmente inutili.

L'arrivo alla Cuba
Trovammo in una bettola solitaria, dove ci fermammo per dar rinfresco alle nostre cavalcature, due gentiluomini siciliani i quali attraversavano in diagonale dessi pure l’isola, portandosi a Palermo per una lite. Provammo stupore nello scorgere quei signori intenti a cavare fuori, colla punta di piccoli coltelli da tasca, la polpa dell’estremità superiore delle piante di un gruppo di quei cardi selvatici, e portasela fra le dita, mangiarla con vero gusto. E la durarono buona pezza, mentre ci riconfortammo con ottimo pane, e con vino, il quale questa volta non era mescolato. Il nostro vetturino ci preparò di quelle punte di cardi, e volle che le assaggiassimo, assicurandoci essere cibo saporito, rinfrescante, ma per dir vero non ci andarono guari più a genio, delle rape crude di Segesta.
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