Pompeo Colajanni senior - Il Campanile Enna

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Pompeo Colajanni senior

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post aggiornato il 31/08/2012



Pompeo Colajanni senior (1857-1947)

Ideatore e precursore
dell'Istituto Nazionale Assicurazione Infortuni (INAIL)

Molti conoscono Napoleone Colajanni, tanti Pompeo Colajanni il partigiano liberatore di Torino, pochi sanno di Pompeo Colajanni senior, fratello di Napoleone Colajanni.

Eppure Pompeo senior, nato a Castrogiovanni nel 1857 e qui deceduto all'età di 90 anni nel 1947, dedicò la sua vita all'edificazione di quell'importante istituto di tutela dei lavoratori che è l'INAIL.

A ricordo della redazione del Campanile,  Enna,  la sua città, non gli ha mai dedicato un simposio di studio o un convegno o una pubblicazione.
Mai come in questi ultimi anni la prevenzione dell'infortunistica del lavoro è stata alla ribalta sulla cronaca quotidiana e la nostra città, rendendo il dovuto omaggio a questo suo figlio, ne avrebbe avuto un grande riscontro nella formazione agli alti valori sociali delle giovani generazioni.

Il Campanile con questo articolo tratto dal "Dizionario Biografico degli italiani", dell'Enciclopedia Treccani, si impegna ad avviare un percorso di approfondimento della figura di Pompeo Colajanni senior perchè il suo spirito innovatore possa dare nuovo impulso alla vita della nostra comunità.



Pompeo Colajanni
, naque a Castrogiovanni (oggi Enna), il 1ºgiugno 1857, da Luigi, proprietario ed esercente di una piccola miniera di zolfo, e da Concetta Falautano, frequentò irregolarmente le scuole fino alla seconda ginnasiale. Sulla sua formazione influirono soprattutto gli ideali patriottici e repubblicani della famiglia, l'esempio del fratello maggiore Napoleone, e gli studi privati, seguiti a Messina, di ragioneria, inglese e francese (1874-77).
Dal 1880 cooperò alla conduzione dell'azienda paterna, finché essa venne travolta, intorno al 1890, dalla crisi solfifera, ed egli si trovò costretto ad impiegarsi come ispettore della Mutual Life Insurance Company di New York, con l'incarico di organizzare la produzione in Sicilia. Da questa esperienza professionale (1893-96) ricavò una fervida fiducia nella mutualità, non solo come forma assicurativa ma anche come strumento valido al fine di mitigare il pauperismo e di "risolvere tutte le difficoltà sociali".

Ritornò all'industria solfifera nel 1896, per raccogliere adesioni, su mandato di I. Florio, alla nascente Anglo-Sicilian Sulphur Company, nella quale poi lavorò fino all'inizio del 1898. Dopo che la legge del 17 marzo 1898 n. 80 introdusse l'obbligo dell'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, autorizzando, allo scopo, la formazione di sindacati padronali, il C. si dedicò ad una intensa azione volta ad aggregare in un organismo siffatto i coltivatori delle solfare siciliane. Tra di essi, specialmente tra piccoli e medi, incontrò avversioni ostinate, ma fu sorretto da R. Travaglia, capofila di quegli imprenditori che avevano prontamente intuito i vantaggi della nuova legge antinfortunistica, non ultimo quello di una minore tensione sociale.

Per vincere le resistenze, il C. sollecitò, invano, dal ministero di Agricoltura, Industria e Commercio un provvedimento che consentisse di formare il fondo sociale del futuro consorzio mediante una sopratassa di esportazione sugli zolfi; in questo modo gli industriali si sarebbero sgravati dell'onere assicurativo, evitando la tentazione di rivalersi sui salari, ed esso sarebbe stato risentito lievemente dai soli consumatori. Il C. ricercò il consenso del P.S.I. alla sua proposta, inviando due lettere aperte all'Avanti! (22 e 28 ott. 1898), che ricevettero netti dinieghi.
Comunque, il 16 nov. 1898 venne fondata la Società siciliana di mutua assicurazione e prevenzione degli infortuni del lavoro, con sede a Caltanissetta, presieduta da Travaglia e diretta dal Colajanni.

Questi non vide realizzato il suo progetto originario, modellato sulle Berufgenossenschaften bismarckiane, in quanto il sodalizio nisseno raggruppava solo un terzo degli industriali attivi nel settore (circa 200), rappresentanti peraltro metà della manodopera interessata (circa 20.000 operai), e si limitava ad operare come intermediario tra i consociati e le compagnie assicuratrici, spuntando vistose riduzioni sulle tariffe dei premi applicate normalmente nei contratti isolati.
Perciò egli continuò a premere sulla rappresentanza isolana in Parlamento e sul governo, affinché fosse resa obbligatoria, per legge, la costituzione di un consorzio regionale di assicurazione mutua fra tutti gli esercenti di solfare.

Questa istanza venne accolta in due articoli - redatti dallo stesso C. - del disegno di legge presentato l'8 giugno 1901 da Zanardelli i quali provocarono le proteste del padronato più retrivo, nonché un acceso dibattito alla Camera. Il C. non si sottrasse alla polemica ma puntò, soprattutto, all'unità del fronte padronale su una posizione antioperaia, istigando i senatori siciliani, specialmente S. Cannizzaro, a impedire l'aumento delle indennità per infortunio, previsto nel disegno di legge Zanardelli.

Benché la manovra restasse senza effetto, con r. d. 11 luglio 1904 n. 430 venne costituito il Sindacato obbligatorio siciliano di mutua assicurazione per gli infortuni sul lavoro nelle miniere di zolfo, sedente a Caltanissetta. Il fondo di esercizio, grazie a una disposizione voluta dal C. a beneficio degli esercenti, fu formato mediante contributi versati anche dai proprietari delle miniere, in proporzione agli "estagli", cioè alle quote di zolfo che ad essi spettavano. Il sindacato entrò in funzione il 1º ott. 1904, sotto la presidenza dell'ing. G. Fiocchi, al quale succedette nel 1907 l'ing. F. A. Sulli (ambedue erano esponenti dell'aristocrazia imprenditoriale isolana), ma la sua vera anima fu il C., la cui vicenda personale si risolse nella storia dell'istituto da lui creato.

Estimatore entusiasta del sistema previdenziale tedesco e del suo supremo dirigente, T. Boediker, abile propagandista delle proprie iniziative in congressi d'infortunistica e in esposizioni industriali, nazionali e internazionali, dotato di talento organizzativo e di competenza attuariale, si mostrò tenacissimo nel reclamare provvedimenti a vantaggio del sindacato dai pubblici poteri.

A tal fine, non solo esercitò pressioni sul ceto politico e burocratico, ma motivò le sue esigenze in una fitta serie di opuscoli e di articoli, ospitati per lo più in riviste specializzate.

Questo impegno venne premiato da una complessa e originale legislazione speciale. Di particolare incidenza risultò la legge 14 luglio 1907 n. 327, che consentì al sindacato di riorganizzare il servizio sanitario, allargando la rete di posti di soccorso nelle miniere e provvedendo alle cure ulteriori, chirurgiche, ortopediche, di rieducazione funzionale e di prevenzione delle malattie professionali. La stessa legge esaudì un'altra vecchia richiesta del C., stabilendo tabelle fisse dei salari, che servissero di fondamento per la determinazione delle indennità da liquidare.

In seguito, la struttura e le attribuzioni dell'ente non muteranno sostanzialmente fino al 1934. Fallirono i tentativi del C. di ottenere la statizzazione delle solfare (1916) e la estensione delle funzioni assicurative del sindacato a tutte le leggi di previdenza applicabili ai solfarai (1920-21). Fallirono, altresì, i maneggi per esonerare l'industria solfifera siciliana dal pagamento delle imposte sui sovraprofitti di guerra (1918-19).

L'originalità di questo organismo nel panorama previdenziale italiano, la correttezza e la efficienza della sua gestione attirarono, anche all'estero, l'attenzione di studiosi, politici, amministratori di istituti assicurativi. Un giudizio particolarmente lusinghiero venne formulato, in sede ufficiale, dal maggiore specialista d'infortunistica nell'Italia del tempo (Relazione presentata a S. E. il signor Ministro per l'agricoltura,l'industria e il commercio,on. prof. L. Rava,dal prof. L. Borri,incaricato di una ispezione al Sindacato obbligatorio siciliano di mutua assicurazione per gli infortuni sul lavoro nelle miniere di zolfo, in Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio, Ispettorato generale del credito e della previdenza, Boll. di notizie sul credito e sulla previd., XXIII [1905], pp. 1587-1655).

Dopo l'ascesa del fascismo, il C. ritentò di estendere il funzionamento del sindacato, cercando d'interessare al problema lo stesso Mussolini. Non ci riuscì, tuttavia nel 1926 prese la tessera del P.N.F. Costretto a lasciare la direzione del sindacato nel gennaio 1934, quando questo venne trasformato in sezione speciale dell'I.N.F.A.I.L., attese alla redazione di un'opera autobiografica (Appunti autobiografici, Caltanissetta 1935), Poi parzialmente ripubblicata con l'aggiunta di nuovi documenti (Cenni sulla attività costruttiva svolta dall'alba al meriggio della previdenza sociale [1898-1933], ibid. 1937).
Il C. morì a Enna il 6 giugno 1947.

Articolo di Luigi Agnello tratto da "Dizionario Biografico degli Italiani" - Volume 26 (1982)




Pompeo Colajanni

a 17 anni

Pompeo Colajanni di Luigi (1857-1947)

Pompeo Colajanni così narra nei suoi appunti autobiografici: "Nel 1893 m'iniziai assicuratore nel campo della mutualità a causa delle condizioni economiche disastrose nelle quali ero caduto da parecchi anni, causa la crisi zolfifera, che aveva  travolto, col fratello mio Napoleone, anche me. [...]

E' nel 1896  che in rapporto all'industria zolfifera si pubblicava nella
Gazzetta ufficiale del regno la prima legge per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e nell'articolo 17  prevedevasi la facoltà degli industriali di costituirsi in sindacati  di Mutua Assicurazione.

L'amico mio Cav. Manganaro mi disse: Leggi l'art. 17 della nuova legge che prevede la  istituzione dei sindacati di Mutua Assicurazione [...] Quella è la  tua via! [...] L'assicurazione si costituì e io ne fui nominato  direttore. Nel 1902 passai ad altra attività, in campo diverso da  quello delle assicurazioni.

L'On. Antonio Maffi preparava la pubblicazione sulle cooperative funzionanti in Italia e poiché per la Sicilia non aveva notizie, mi invitò ad occuparmene [...] Mi posi all'opera e dopo cinque mesi potei inviare al Maffi il  risultato della mia raccolta ed egli scrisse: va segnalato subito il  nome di Pompeo Colajanni, il quale dalla Sicilia offerse il maggior contributo desiderabile [...].

Accennai al Congresso di medicina legale tenutosi a Roma nel  1933 con riferimento a fatti relativi all'assicurazione sulla vita [...] Presi la parola per porre in evidenza la necessità della  riforma della legge sugli infortuni principalmente per estendere   i diritti degli infortunati a tutta l'assistenza sanitaria [...]. Le mie   brevi considerazioni erano state accolte da applausi.

Pompeo Colajanni

a 90 anni

Dal 1924,  anno in cui si era pensato di esonerarmi dalla Direzione dei  servizi al 13-1-1934 erano trascorsi quasi 10 anni [...]. Pertanto, pur rifiutando la dirigenza del Sindacato Siciliano, bene ho fatto  accettando la lettera di S.E. Il Conte Suardo del 13-1-1934, lettera che fo qui seguire: [...] "Mi è gradito comunicarle che  questo Istituto, per valersi ancora della sua provata competenza  in materia, le conferisce la qualifica di Direttore Onorario e le affida la consulenza tecnica dell'ufficio, conservandole lo  stesso stipendio fino ad ora corrispostole." Pompeo Colajanni  aveva già 77 anni.


Egli morì a 90 anni, dopo una vita intensa di vicende.
Aveva   sposato a soli 19 anni Adele Falautano, una bellissima giovane, sua lontana parente, per la quale aveva provato fin dall' infanzia  attrazione e in seguito amore.
Aveva perduto il padre a 10 anni; la madre lo mandò a Genova  presso il fratello Giuseppe, assai più grande di lui e già  affermato. Lì visse fino a 17 anni studiando presso un istituto privato: lingue estere, matematica, letteratura italiana e materie tecniche marinare. Di poi, tornato in Sicilia, continuò gli studi a Messina, dove approfondì di molto la conoscenza dell'inglese, del francese e della ragioneria. Non potè completare gli studi
per le molte difficoltà sorte dopo la sua decisione di convolare a  nozze a soli 19 anni.

Si considerò scolasticamente analfabeta ma poté confortarsi moralmente avviando agli studi i suoi otto  figli dei quali sei, compresa anche una femmina, conseguirono   il dottorato: in Lettere e filosofia, in Medicina ed in Ingegneria,  e tre in Giurisprudenza. Quattro presero parte alla Grande Guerra: uno, Vittorio Ugo, da volontario.
Perdette degli otto figli: una figliola di 19 anni ed uno caduto sul San Gabriele da Capitano del Genio il 17 ottobre 1917 ricordato con medaglia d'argento.


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